Viale Bianca Maria n. 25 – 20122 Milano
+39 02 76014179
+39 02 76390535
Come possiamo aiutarti?
#Investigazionidigitali: L’avv. Marco Farinella segnala un’importante sentenza della Corte di cassazione (n. 3591/2022) che affronta l’interessante tema dell’inquadramento giuridico di un’attività investigativa estrinsecatasi nell’apprensione, mediante #trojan, di un file digitale “in corso di visualizzazione” da parte dell’utente sullo schermo del proprio dispositivo mobile. La qualificazione di tale attività come #perquisizione, #intercettazione o #prova atipica è, infatti, foriera di conseguenze pratiche.
Nel caso sottoposto alla prima sezione penale della Corte, nel corso di un’attività captativa svolta mediante trojan, la polizia giudiziaria ha fotografato e acquisito da remoto il contenuto di un file Excel che la persona stava elaborando sullo schermo del proprio personal computer.
Come noto, la questione assume rilevanza poiché l’ordinamento prevede alcune garanzie in tema di perquisizione, che non sono invece previste per le captazioni. Pertanto, il giudice doveva stabilire se l’attività sopra descritta dovesse essere ricondotta nell’alveo delle intercettazioni di comunicazioni – tesi sostenuta dal tribunale del riesame e poi condivisa dal Collegio – ovvero delle perquisizioni informatiche ai sensi dell’art. 247, comma 1 bis, c.p.p. (tesi, invece, prospettata dal ricorrente) o, infine, delle c.d. prove atipiche.
I giudici, nel confermare il provvedimento del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, muovono da un presupposto fattuale: l’attività di acquisizione del file è avvenuta in tempo reale, e cioè nel corso della sua stessa formazione. Prendendo le mosse da tale assunto, escludono la riconducibilità dell’operazione in esame alla categoria delle perquisizioni; non è avvenuta, infatti, alcuna attività di ricerca e successiva estrapolazione di documenti preesistenti alla stessa attività di indagine. Rigettano quindi le censure mosse dal ricorrente che lamentava un aggiramento della disciplina prevista dagli artt. 247 ss. c.p.p.
Al contrario, trattandosi di mera attività di captazione di informazioni in corso di realizzazione da parte dell’utente, può inquadrarsi nell’ambito delle intercettazioni telematiche ex art. 266-bis c.p.p. A sostegno di tale conclusione, la Corte ricorre al concetto di “comportamento c.d. comunicativo” che, secondo numerosi arresti della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, sarebbe suscettibile di intercettazione, videoregistrazione e di fotografia.
Sia consentita una breve annotazione critica sulle conclusioni cui è giunta la Corte che paiono, quantomeno, incongruenti rispetto a precedenti pronunce. Secondo queste ultime, infatti, per poter parlare di “intercettazione” è necessario che il “flusso di comunicazioni” si concretizzi in un “transito” tra due sistemi informatici o telematici, ovvero abbia un “destinatario”. Nel caso in esame non pare esservi traccia di tali elementi; pertanto, la ricostruzione operata dalla Corte appare tutt’altro che scontata. Si deve tuttavia considerare anche la difficoltà di fornire risposte a problematiche assai complesse e prive di espressa regolamentazione legislativa. Sarebbe auspicabile, ancora una volta, procedere in tal senso, per evitare di porre in capo al Giudice il compito che è proprio del legislatore.
#intercettazioni #digitalforensics