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18 Ott 2022
Cybercrime
#Diffamazione e #socialnetwork: L’avv. Marta Sottocasa segnala la sentenza n. 36193 del 10 maggio 2022 (dep. 26 settembre 2022) con cui la Corte di #Cassazione è tornata a tracciare i contorni della diffamazione a mezzo social.
Nella fattispecie si trattava di un caso in cui il prevenuto, con doppia sentenza conforme, era stato condannato per il reato di #diffamazione di cui all’art. 595 c.p. per avere pubblicato all’interno della sezione commenti di un gruppo #Facebook alcune offese nei confronti di un altro appartenente allo stesso gruppo.
L’imputato, nel ricorso per Cassazione, aveva censurato le decisioni di merito, lamentando la mancanza di un requisito cardine della diffamazione, l’assenza dell’offeso, posto che nel caso di specie la persona offesa, in quanto parte del gruppo Facebook, aveva partecipato alla discussione e replicato ai commenti offensivi.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e annullato la pronuncia con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio volto ad accertare in concreto se la persona offesa fosse contestualmente – seppure virtualmente – presente o meno nel momento in cui sono stati pubblicati i commenti offensivi.
Punto decisivo per una corretta applicazione dell’art. 595 c.p. è la verifica caso per caso della presenza o meno dell’offeso; una verifica fondamentale anche al fine di distinguere i casi di diffamazione da quelli, oggi penalmente irrilevanti, di ingiuria: “è la nozione di presenza dell’offeso – spiega la Corte – ad assurgere a criterio distintivo”.
La Suprema Corte richiamando alcuni precedenti arresti in tema di diffamazione a mezzo social ha altresì posto l’accento sulla contestualità della presenza dell’offeso, implicando l’ingiuria “la presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso e terzi, ovvero una situazione ad essa sostanzialmente equiparabile, realizzata con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici”. Diversamente, sarà sempre integrato il delitto di diffamazione quando le comunicazioni offensive siano indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente presenti, secondo l’accezione estesa alla presenza virtuale.
Particolare attenzione, dunque, dovrà essere rivolta nella prassi al canale tecnologico di comunicazione concretamente utilizzato, distinguendo le chat live e le piattaforme di messaggistica istantanea da quelle che non prevedono la contestualità del recepimento del messaggio (come, ad esempio, le caselle di posta elettronica): solo le comunicazioni offensive che ricadono nella seconda categoria conservano ancora rilievo penale ai fini dell’art. 595 c.p.
#dirittopenale #cybercrime